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I 10 segreti leggendari della Valle d’Aosta: il paradiso che non credevi esistesse

Valle D'Aosta

I monti e le valli della regione custodiscono storie e miti che offrono lo spunto per una visita al di fuori delle mete convenzionali.

I miti e le leggende della Valle d’Aosta affondano le radici nelle tradizioni popolari, con racconti che intrecciano realtà e fantasia. Protagonisti di queste narrazioni sono spesso dei, santi, eroi e creature magiche, che spiegano con un velo di spiritualità le origini di montagne, laghi o piante. Alcune storie celebrano le intercessioni divine, come quelle legate a San Martino, Sant’Orso, Sant’Anselmo e San Bernardo, figure centrali nella cultura valdostana. Altre leggende, invece, raccontano di eventi legati alla presenza del diavolo, spesso visto come simbolo del male, protagonista di azioni misteriose che lasciano traccia nella memoria collettiva.

Tra le narrazioni più affascinanti, un ruolo di primo piano è ricoperto dalle streghe, le cui vicende mescolano immaginazione e documenti storici. A lungo si è ritenuto che in Valle d’Aosta non ci fossero processi per stregoneria, ma studi recenti hanno dimostrato il coinvolgimento di frati minori e procuratori ecclesiastici in indagini sui casi di magia. Una particolarità della regione è che alle donne accusate di stregoneria veniva spesso garantito il diritto alla difesa, una pratica rara rispetto ad altre aree europee. Questa tutela giuridica rappresenta un elemento distintivo che segna la storia giudiziaria valdostana.

Le leggende della Valle d’Aosta includono anche racconti di fantasmi, protagonisti di passaparola popolari che si tramandano ancora oggi. Uno dei casi più noti riguarda Bianca Maria di Challant, una nobildonna condannata ingiustamente alla decapitazione nel XVI secolo. Secondo la tradizione, il suo spirito appare d’estate nel castello di Issogne, nei pressi della fontana ottagonale del cortile. Altri fantasmi abitano i castelli della regione: si parla di un armigero del Seicento a Saint Marcel e dello spirito di una donna innocente nel castello di Quart. Queste leggende, cariche di mistero e fascino, continuano a rafforzare l’identità culturale della comunità valdostana, intrecciando storia e mito in un racconto senza tempo.

Ecco quindi i nostri suggerimenti per 10 luoghi interessanti da visitare in Val d’Aosta, tra storia, leggende e curiosità.

Il miracolo di Machaby

Immerso nei boschi di castagni e a pochi passi dal Castello di Arnad, il Santuario di Machaby è un luogo che intreccia storia, fede e mistero. Una leggenda locale racconta di una grotta, situata nei pressi del santuario, dove una strega vipera e un diavolo a sette teste tenevano prigionieri alcuni sventurati. Tra loro c’era anche una fanciulla, catturata mentre lavorava nei campi. Con coraggio, la giovane esortò i compagni a pregare la Madonna delle Nevi, che rispose alle loro suppliche mostrandogli un’apertura nella roccia. Grazie a quel segnale divino, i prigionieri riuscirono a fuggire e a salvarsi.

Il santuario, costruito a 696 metri di altitudine nel suggestivo vallone di Machaby, risale al Trecento ed è stato ricostruito nel 1687. Al suo interno si trovano numerosi ex voto e una splendida statua della Madonna, considerata uno dei capolavori della scultura barocca valdostana. Il luogo è meta di pellegrinaggi, in particolare il 5 agosto, quando si celebra la Madonna delle Nevi con una messa solenne.

Raggiungere il santuario è semplice: basta una piacevole camminata di circa un’ora partendo dal centro di Arnad, un percorso immerso nella natura alla portata di tutti. Il santuario è visitabile durante il pellegrinaggio annuale e, negli altri giorni, esclusivamente su prenotazione, contattando la parrocchia locale. Un luogo che incanta non solo per il suo fascino storico e artistico, ma anche per le leggende che ne alimentano il mistero.

La leggenda del Lago Blu

A pochi passi da Valtournenche, immerso in una conca verdeggiante tra rododendri e abeti scuri, si trova uno dei gioielli più suggestivi della Valle d’Aosta: il Lago Blu. Le sue acque, di un intenso colore turchese, devono la loro tonalità a un minerale presente sul fondale, ma è il riflesso della maestosa piramide del Cervino a renderlo davvero incantevole. Questo luogo di straordinaria bellezza è legato a una leggenda malinconica, che affonda le radici in un tempo lontano.

Si racconta che, un tempo, al posto del lago vi fosse una casetta abitata da una famiglia di pastori. La loro fama, però, non era delle migliori: erano noti per la loro durezza d’animo e per la mancanza di carità. Un giorno, un misterioso pellegrino giunse alla porta della loro casa. Con il volto segnato dalla stanchezza e le vesti lacere, chiese un po’ di polenta e di latte per placare la fame. La donna, diffidente e spietata, lo cacciò via in malo modo, rifiutando di offrirgli anche il minimo aiuto.

Solo il figlio più piccolo, mosso a compassione, tentò di donare al pellegrino la propria scodella di latte, ma fu fermato dai familiari. In segno di scherno, gli adulti offrirono al viandante acqua sporca al posto del cibo. Offeso e sconsolato, il pellegrino si allontanò pronunciando parole oscure. Da quel giorno, la casa dei pastori scomparve, inghiottita dalle acque del lago. Si dice che, osservando il fondale, sia ancora possibile scorgere i tronchi della vecchia casa, simili a travi di un tetto sommerso. Una leggenda che dona al Lago Blu un’aura di mistero, rendendolo una meta carica di fascino per i viaggiatori.

Il tesoro del castello di Graines

Arroccato su uno sperone roccioso che domina la Val d’Ayas, il Castello di Graines è uno dei luoghi più suggestivi della Valle d’Aosta, avvolto da un’aura di mistero. Sebbene la sua storia sia ben documentata, il fascino fiabesco del castello ha ispirato antiche leggende che si sono tramandate nei secoli. La sua posizione isolata e impervia lo rese poco adatto a diventare una residenza nobiliare permanente, motivo per cui i signori di Challant preferirono affidarne la gestione ai castellani. Questi amministratori locali avevano incarichi giudiziari e fiscali, redigevano verbali delle udienze e gestivano le rendite feudali del mandamento.

Uno degli episodi più noti riguarda il castellano Antoine Vaudan, che nel XVI secolo difese i diritti del conte René di Challant contro alcuni abitanti di Antagnod e Lignod accusati di aver rubato legname nei boschi del conte. Gli inquisiti furono detenuti nelle prigioni del castello, confermando il ruolo della fortezza non solo come baluardo difensivo, ma anche come centro amministrativo e giudiziario.

Tra le leggende legate al castello, la più famosa è quella del tesoro nascosto sotto le rovine. Si racconta che un giovane mandriano, guidato in sogno da una voce, trovò una botola che conduceva alla stanza del tesoro, colma di oro e gemme. Abbagliato dalla ricchezza, l’uomo si attardò ad ammirare il tesoro, ignorando l’avvertimento di fuggire prima che il gallo cantasse tre volte. Al terzo canto, la botola si chiuse, imprigionandolo per sempre nella grotta incantata. Le rovine del Castello di Graines sono raggiungibili percorrendo la strada regionale da Verrès in direzione della Val d’Ayas, con una breve passeggiata tra boschi di ciliegi che offrono panorami mozzafiato in primavera e in autunno.

Il passaggio di Napoleone al Col di Joux

Secondo una suggestiva leggenda locale, nel maggio del 1800 Napoleone Bonaparte si sarebbe incontrato casualmente al Col de Joux con il comandante austriaco De-Breux per negoziare il passaggio delle truppe francesi dal Forte di Bard. La storia racconta che il generale francese, con astuzia, intrattenne il comandante nemico fino all’arrivo dei suoi soldati, per poi dichiarare: “Signore, finora io ero vostro prigioniero, ora voi siete il mio”. Nonostante la mancanza di prove storiche che confermino l’incontro, questa vicenda ha alimentato la fantasia popolare, rendendo il passo un luogo affascinante dal punto di vista storico e leggendario.

Il Col de Joux (1640 metri) è un incantevole valico boscoso che collega Saint-Vincent con Brusson, offrendo una via alternativa e panoramica per raggiungere la Val d’Ayas. Il nome Joux deriva probabilmente da una radice prelatina che significa altura boscosa, oppure dal latino Jugum, che indica un giogo o colle. Il percorso che attraversa il passo è immerso in una natura rigogliosa e permette di ammirare panorami mozzafiato sulla valle centrale e sui monti circostanti.

Oltre al valore storico e paesaggistico, il Col de Joux ospita il tratto finale del Ru Courtod, un antico canale irriguo risalente al XIV secolo, che convoglia le acque del ghiacciaio del Ventina. Il passo è anche un punto di partenza ideale per numerose escursioni di varia difficoltà: si possono percorrere sentieri verso la Testa Comagna, il Colle Tzecore, oppure godersi passeggiate più semplici lungo le strade poderali che portano a Sommarèse o alla frazione Pallu, dove si trova un grazioso laghetto artificiale con bar e ristoranti, perfetto per una sosta rigenerante immersi nella natura.

Il tesoro sotto la roccia

Tra i boschi di Challand-Saint-Anselme, vicino alla frazione di Orbeillaz, si nasconde una delle leggende più affascinanti della Valle d’Aosta. Si racconta che sotto una roccia scura, ai piedi della cascata formata dal torrentello d’Arlaz, sia sepolto un tesoro favoloso. Questo misterioso forziere è custodito da un vitello nero infernale, che veglia giorno e notte sulle ricchezze nascoste. La leggenda narra che l’ingresso della grotta si apra solo una volta all’anno, allo scoccare della mezzanotte della Vigilia di Natale, quando l’animale magico cade in un sonno profondo.

Chi desidera impadronirsi dell’oro deve affrontare una sfida rischiosa: aprire il cofano senza svegliare il custode addormentato. Se il vitello si destasse, il malcapitato sarebbe condannato a finire corpo e anima all’inferno. È questa sfumatura di mistero e pericolo che rende la leggenda così suggestiva, attirando curiosi e appassionati di racconti popolari verso i luoghi protagonisti della storia.

Per chi ama le escursioni, visitare i luoghi della leggenda di Cornetta può diventare un’esperienza incantevole. Il percorso verso la cascata dell’Arlaz attraversa un bosco rigoglioso, regalando scorci pittoreschi e un’atmosfera magica. La passeggiata è alla portata di tutti e permette di immergersi in un paesaggio suggestivo, dove natura e tradizione si intrecciano, regalando un viaggio tra storia, mistero e fantasia.

Il Sé-Frid di Champdepraz

Tra le rocce della Valle d’Aosta si nascondono storie di amori perduti e antichi incantesimi, come quella legata al Sé-Frid, una grande rupe situata nei dintorni di Champdepraz. La leggenda racconta che il masso porta il nome di Frid, un giovane pastore che incontrava ogni giorno la sua amata, una fata gentile. I due vivevano un amore puro e sereno, ma la felicità della fanciulla suscitò l’invidia delle altre fate, che decisero di rovinarla. Con astuzia, tagliarono un pezzo della veste della fata, rivelando i suoi piedi caprini, segno della sua natura magica.

Alla vista di quei piedi inumani, Frid, colto dall’orrore, fuggì lontano, ignorando i richiami disperati della sua amata. La fata, consumata dal dolore, si accasciò accanto al masso e iniziò a battere i pugni sulla roccia, gemendo di pena. Fu allora che il Sé-Frid si spaccò in due, quasi a condividere il suo tormento. Da quel giorno, la fata continuò ad attendere il ritorno del pastore, ma col passare del tempo il suo corpo si dissolse nel vento, trasformandosi in una nuvola leggera che vaga ancora oggi sulle rive del lago, in cerca dell’amato perduto.

La leggenda spiega anche perché, attorno al Sé-Frid, il paesaggio sia diventato brullo e arido, dove un tempo si stendevano prati verdi e rigogliosi. Un luogo carico di mistero e poesia, che invita chi lo visita a riflettere sui temi universali dell’amore, della perdita e del rimpianto, in un contesto naturale di grande fascino e suggestione.

L’ultimo orso in Val d’Ayas

Nell’inverno del 1782, durante una nevicata fitta, un montanaro dalla forza straordinaria, Matteo Brunod, detto “lo rey” per il suo fisico erculeo, si avviò verso Saint-Jacques, faticando tra la spessa coltre di neve. Durante il cammino, un enorme orso gli balzò davanti, attaccandolo con violenza. L’animale gli si gettò addosso, appoggiando le sue zampe anteriori sulle spalle del montanaro e aprendo le fauci per sbranarlo. Tuttavia, Brunod non si lasciò sopraffare: con sangue freddo, evitò il morso arretrando con la testa e afferrò la belva per la gola, stringendola con tutta la sua forza fino a farla crollare a terra.

La prontezza e il coraggio di Matteo divennero l’argomento di tutte le conversazioni nella zona. La popolazione accorse numerosa per vedere il mostro abbattuto, ammirando l’impresa del montanaro. Come simbolo della sua vittoria, Brunod prese le zampe dell’orso e le inchiodò sulla porta del suo rascard, trasformandole in un trofeo che celebrava la sua straordinaria forza e il suo coraggio.

Oggi, una delle zampe dell’orso è ancora visibile ad Antagnod, sotto il balcone della Maison Fournier, dove si trova il negozio di artigianato tradizionale “L’Artisanà”. Questo oggetto, divenuto un simbolo della leggenda, continua a raccontare ai visitatori la storia di un uomo che, con la sola forza delle sue mani, affrontò e sconfisse un temibile orso tra le montagne della Valle d’Ayas.

La leggenda dei diavoli della Val Veny

La Val Veny, ai piedi del Mont Maudit, è teatro di una delle leggende più affascinanti della Valle d’Aosta. Si racconta che, un tempo, i diavoli scacciati da San Bernardo dai valichi alpini trovarono rifugio sulla “montagna maledetta”, ma continuavano a discendere nella valle per seminare il caos. Le forze infernali devastavano i raccolti, calpestavano i campi e mettevano a soqquadro tutta la vallata, terrorizzando la popolazione. Numerosi esorcismi furono tentati da canonici e alti prelati, ma ogni scongiuro risultava vano, e i demoni apparivano ancor più baldanzosi.

Un giorno, però, un diavolo claudicante, che si ritirava solo all’alba, rivelò per sbaglio a un contadino che gli esorcismi fallivano perché i religiosi che li praticavano non erano puri di cuore. La comunità, presa coscienza della verità, decise di affidare la missione a un umile frate cercatore del convento di San Francesco di Aosta. Il priore, inizialmente riluttante, cedette alle richieste dei montanari e inviò il fraticello, che si dichiarava indegno, ad affrontare i demoni.

Quando il frate si avvicinò al Mont Maudit, i diavoli lo accusarono invano di piccoli furti: una manciata d’erba fresca per i sandali e un grappolo d’uva per un confratello malato. Ma il frate dimostrò la sua purezza d’animo, avendo sempre lasciato qualcosa in cambio o agito per altruismo. Sconfitti dalla sua integrità, i demoni furono costretti a fuggire e a tornare mogi mogi all’inferno. Da quel giorno, la Val Veny non fu più disturbata dalle forze maligne, e la leggenda del frate puro di cuore continua a vivere nel ricordo degli abitanti della valle.

Il dente del gigante sul Monte Bianco

Tra le vette maestose del Monte Bianco, una delle più riconoscibili è l’ardita punta del Dente del Gigante, una formazione rocciosa che sembra sfidare il cielo. Secondo la leggenda, quella cima fu lasciata alla Valle d’Aosta dal gigante Gargantua, che, nel disporre la distribuzione del suo corpo dopo la morte, assegnò un dente da conficcare tra i ghiacci del Bianco. Ma il Dente del Gigante non è soltanto una spettacolare vetta alpina: custodisce un oscuro segreto.

Si racconta che in quella fortezza di roccia e ghiaccio siano rinchiusi innumerevoli spiriti maligni, gli stessi che un tempo infestavano la Valle d’Aosta, tormentando i suoi abitanti. A liberare la valle da queste presenze inquietanti fu un mago venuto da lontano, forse dall’Oriente, che, mosso a compassione per il disagio della popolazione, attraversò tutta la vallata pronunciando misteriose parole magiche. Gli spiriti, attratti dall’incantesimo, scesero in massa dai boschi, dalle radure e dai torrenti, formando un tumultuoso volo oscuro che arrivò fino alle pendici del Monte Bianco.

Il mago condusse la turba malvagia fino al Dente del Gigante, dove una gigantesca prigione di roccia attendeva quegli spiriti ribelli. Uno dopo l’altro, i geni cattivi vi entrarono, spinti da un’invincibile forza magica, finché l’ultimo di loro varcò la soglia e la porta di roccia si richiuse per sempre. Da allora, il Dente del Gigante resiste a ogni tentativo degli spiriti di spezzare l’incantesimo e uscire dalla loro prigione. La leggenda dona a questa vetta iconica un’aura di mistero, rendendola una delle più affascinanti storie legate alle montagne della Valle d’Aosta.

La disfida al femminile di Pré Saint-Didier

Nel primo Ottocento, durante la costruzione della strada tra Morgex e Pré-Saint-Didier, gli abitanti di La Thuile e Courmayeur lavoravano fianco a fianco, ma un antico antagonismo li spingeva a confrontarsi continuamente. La rivalità raggiunse il culmine quando decisero di organizzare una sfida per stabilire quale dei due paesi fosse il più forte.

A rappresentare La Thuile venne scelta Trifolla, una donna dalla forza straordinaria e dal fisico imponente. Courmayeur, invece, decise di rispondere schierando un’altra donna, la giovane e più minuta Mezola, che venne preparata con lezioni di scherma e pugilato per compensare la differenza di corporatura. Lo scontro si tenne nella piazza della chiesa di Pré-Saint-Didier, gremita di curiosi: la vincitrice sarebbe stata colei che per prima riuscisse a buttare a terra l’avversaria, e il premio in palio era un pranzo per cinquanta persone, offerto dai perdenti.

Al via, Trifolla si lanciò contro Mezola con tutta la sua potenza, ma la ragazza di Courmayeur, sfruttando la sua agilità, le infilò il gomito sotto il mento e la fece cadere con uno sgambetto. Sorpresi dall’esito, gli abitanti di La Thuile chiesero una rivincita, scommettendo questa volta una cena. Nel secondo round, Trifolla riuscì ad afferrare Mezola in una stretta vigorosa, ma la giovane manovrò abilmente e, rotolando a terra con l’avversaria, riuscì a piazzarsi sopra di lei, vincendo nuovamente.

La sfida si concluse in un clima di festa, con una grande mangiata che soddisfò entrambe le parti. Alla fine, vennero assegnati i riconoscimenti: La Thuile ottenne il primato della forza, Courmayeur quello della destrezza, suggellando così la leggenda di Trifolla e Mezola.


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